farfalla d'acqua dolce

romanzo breve - work in progress

Istruzioni per l'uso di questo blog.

Essendo un esperimento in corso, cerco di scrivere i capitoli in ordine cronologico crescente (I II III IIII etc.) la visualizzazione di un blog, invece, mette in primo piano la data più recente. Ma, andando verso il fondo, dove c'è Introduzione e proseguendo da sotto in su, si potrebbe avere una visione della storia nel suo progredire, o meglio non progredire, e leggerla come io ho pensato di scriverla. Questo racconto è segreto, se mi conosci non parlarne con nessuno. Neanche con me. Grazie.

giovedì 31 dicembre 2009

Regressione, Trasformazione, Rinascita

Pensavo di essere una farfalla, ali stropicciate di cartapecora, troppo secche per volare, bella ad una visione globale e lontana, mostruosa osservata da vicino.
Intoccabile, pena la perdita del volo. Un volo senza obiettivo, uno svolazzo. Solitario.

Pensavo di essere una farfalla, passata dalla crisalide ad ali atrofizzate, rimaste inutilizzate per troppo tempo.
Una farfalla che non volava.
Pensavo di poter rafforzare le mie ali deboli. Ma non era il mio destino. Niente svolazzi.
Sono dovuta rinascere.

Capire che ciò che ero stata fino ad ora, non esisteva nella realtà.
Sono dovuta rinascere e ho capito. Sono una libellula.
Il mio corpo è forte, agile, il mio volo leggiadro. Il pensiero puro istinto.
Volo con un obiettivo, la preda.
Pensavo di essere una farfalla e non mi trovavo. Sono rinata consapevole della mia natura e tutto il fremito interno è diventato energia, ora so come devo volare. E perchè.

martedì 8 settembre 2009

Cuore di cazzo, cazzo di cuore

Cosa me ne faccio di questo cuore del cazzo? Si agita per chi amo e non posso avere, si riempie di colpa per chi mi vuole, ma non amo.

Voglio togliermi il cuore, non mi serve, non lo voglio.
Voglio togliermi il cuore così da essere in pace.

Nessuna sofferenza, nessun rimorso.
Voglio togliermi il cuore per guardare in faccia chi si aspetta da me qualcosa senza dover fingere o sentirmi inadeguata. Per poter pensare senza dolore e mancanza.

Qualcuno mi tolga il cuore e mi liberi dall'amore. Quello che non posso dare, quello che non posso avere.

Voglio togliermi il cuore. Ed essere solo fica.

giovedì 16 luglio 2009

Corrispondenze, dissonanze

Mi stai dicendo cose che io ho solo pensato.
Come fai a sapere?
Sono sotto il sole e ho i brividi.

lunedì 1 giugno 2009

La Carne, I Denti

Ti ho visto arrivare, ti ho salutato, temporeggio. Ma sei immerso in una telefonata interminabile, che insinua il sospetto in me che tu stia aspettando che me ne vada.
Ho capito, mi tolgo di mezzo.
Completamente dimentica che avresti raggiunto comunque il posto dov'ero, guardo fuori dalle vetrate. Osservo con occhi distratti un pianeta di divertimento senza il sonoro.
Dentro di me sale un senso di ineluttabilità. Mi vedo destinata ad una vita muta e senza senso.
Mi sto mordendo l'interno della guancia per trattenere le lacrime. E da un po' che sei arrivato ma non voglio guardarti ed ora mi interpelli per farmi una domanda di lavoro. Giro il volto verso di te e non so cosa rispondere perché non ho capito cosa mi hai chiesto, "Emm... si, no, forse... non ricordo".
Ma anche tu non hai ascoltato, l'ho capito dal tuo sgranare lo sguardo, un'ombra leggera di panico e sorpresa mentre calcoli l'angolo discendente delle mie sopracciglia, un cenno occultato subito, vedendo i miei occhi velati, l'incavo formato dai denti che trattengono la carne da dentro. Poi, come sempre, sei stato risucchiato dalla massa.
Ogni tanto lanci un'occhiata nella mia direzione, ma io oggi non me la sento di fingere comunità.
Cominciamo il lavoro.
Sento che cerchi l'attenzione che solitamente ho per te, lo vedo.

Va bene, ancora una volta, anche con te, rinuncerò a chiedere e mi accontenterò delle briciole che cadono.

Distrattamente faccio scorrere la lingua all'interno delle guance, sento ancora i segni lasciati dai denti nella carne.
La musica e il movimento fanno il loro effetto anestetizzante su di me.
Se mi domandassi ora, in questo momento, cosa avevo, a malapena ricorderei come si parla.
Ma la sensazione è solo assopita.
Se ne sta li, come i segni dei denti, incastonata nel substrato della mia mente.
Continuando a ripetere il suo avvertimento: non stai vivendo.

giovedì 9 aprile 2009

Chimica Sinestetica

Un vento artificiale caldo mi avvolge il viso, ritmiche ossessive invadono il mio cervello attraverso le orecchie, il mio corpo a digiuno da ore in perfetto automatismo di movimento puro.
Non voglio pensare. Non adesso.

Hai appoggiato le tue guance sulle mie stasera. La barba ha pizzicato leggera la mia pelle, le tue mani che tenevano strette le mie braccia, il tuo sudore si è trasferito su di me.

Hai un buon odore, ti ho annusato.
Furtivamente ho toccato il mio viso e le mie braccia, e ti ho assaggiato. Sei acquoso leggermente salato.
Sei del sapore giusto.

Un vento artificiale e caldo avvolge il mio viso ora. Nel mio cervello nessun pensiero, solo musica fisica. Guardo il mio riflesso, gli occhi due fessure morbide, il corpo che ondeggia impercettibile al ritmo ossessivo.
Languida e in vibrazione muscolare nello stesso tempo.
Sono in chimica a digiuno da ore.
Ho assunto una solo sostanza. Tu.

mercoledì 18 marzo 2009

In Oscillazione Continua

Guardarti mi fa male.
Allora non ti guardo.

Per un attimo ho sbirciato nella tua direzione, lo sguardo testardamente puntato sulle tue gambe, ma non avevo fatto i conti con la calamita, ho guardato in su e per un istante il tuo sguardo che stava lasciandomi indietro nel suo panoramicare si è fermato nei miei occhi.

Ho dovuto girare la testa nella direzione opposta alla tua per poter tornare a respirare.
Mi hai sbriciolato dentro. Dove prima c'ero io ora c'è solo polvere di me.

Come una calamita attiri a te il mio essere polvere di ferro. E nell'arrivare a te seguo percorsi sinuosi, direttrici elettromagnetiche che ti gravitano intorno.
Ogni tuo spostamento di calamita crea una cresta di polvere di ferro fatta di me.
E come il ferro mantiene la magnetizzazione anche tolta la calamita, io vibro, anche quando non ci sei.
E' una vibrazione percettibile, si spande in ondate circolari e si ritrae, per allargarsi di nuovo.

Dentro di me rimane un'oscillazione senza sosta, scuote parti di me che non volevo esistessero.

Guardarti mi fa male. Perché non posso averti.
Allora ho smesso di guardarti.

Ma sono in oscillazione continua.

martedì 24 febbraio 2009

Il Meccanismo

Sembri essere un meccanismo necessario ad avviare le circostanze. Quando arrivi tu la gente si accende.

Io invece avvolgo in una luce dorata chi mi circonda, non capendo più se brillano di luce propria o della mia.

Per vedere la luce degli altri devo spegnermi. Ho paura di farlo con te. Paura di scoprire che la luce che io vedo sia solo la proiezione della mia. Paura che tu non riesca più a vedermi.

Ma tu sei il meccanismo. E non ti fermi.

Quando arrivi tu, io mi accendo.

giovedì 29 gennaio 2009

Arrocco

Due orzi in tazza piccola.
Hai deciso anche per me.

I piedi avviluppati intorno alle gambe della sedia, sto seduta sul bordo. In questo equilibrio tensivo devo mantenermi sul bordo anche mentalmente. Tu concateni posizioni rilassate in sequenze scandite, ogni tre minuti.

Mi stai raccontando di vicissitudini familiari e devo costringermi a non cadere. Dalla mia bocca sento uscire perle di saggezza senza connessioni o così a me sembra. Tu non sembri notarlo o forse sei molto gentile.

Ti guardo raccogliere con il cucchiaino la schiuma del caffè che è rimasta con lo zucchero sul fondo della tazzina e portatela alla bocca come si fa con un dolcetto.

Osservo le tue gambe allungate verso di me, le scarpe con le suole candide e i lacci annodati in due asole simmetriche. Tutto in te emana un senso di pulizia e perfezione naturale.

Sei bello.

Il tuo potere su di me è quello della confusione.

Devo scappare.

Dopo anni di guida automatica, di strade sempre uguali ad orari sempre uguali, sto guidando verso casa poco prima dell'inizio dell'orario di lavoro.

Dopo anni di governo della mente, il corpo ha cercato di prendere il potere.

Dopo anni di dominio della mente, la mente non è disposta a cederlo.

Hai parlato di altro.
Hai sbriciolato un po' del tuo pane, per farti avvicinare da un'animale selvatico.
Ma non intendi nutrirmi.

Devo fermarmi.

giovedì 18 dicembre 2008

La Risposta

Mi hai risposto.
Che tu l’abbia fatto intenzionalmente o no è comunque un messaggio.

L’uomo è azione e istinto.
L’istinto ti spinge a fare la scelta giusta senza consapevolezza.
L’istinto usa i mezzi che trova a disposizione.

Il titolo indica perfettamente l’ambito scelto:
Lo spazio-tempo alternativo.
L’intensità che hai emanato era il segnale di inizio di attenzione.
Il messaggio dice:
di guardarti negli occhi
di toccarti le mani
che non credi di somigliarmi
che non riesci a trovare le parole per rispondere a quello che ti ho chiesto
che pensi di non essere all’altezza del ruolo che ti ho dato, ma
che vorresti io continuassi a confidare in te.

Aspetto la tua seconda mossa.

martedì 16 dicembre 2008

La Seconda Mossa

Ti ho scritto.


mercoledì 26 novembre 2008

Rivelazione

Ti sei ammalato. E' una settimana che non ti vedo. Arrivano tue notizie, che io carpisco come foglietti lanciati nel vento. Gente che parla di te.

Ti immagino, sdraiato sul divano, con la copertina ben rimboccata, guardi la televisione programmi di cui non sospettavi l'esistenza. Costretto ad una innaturale inattività, la mente intrappolata in un labirinto di progetti.
Sei tornato. "come stai... cosa hai avuto... " poi ti ho raccontato questa immagine di te e in quell'istante, quasi impercettibile, ho visto una modificazione nell'assetto della tua pupilla.
Il rendersi conto di essere l'oggetto dei miei pensieri.
I denti perfetti hanno abbozzato un sorriso, le labbra lo hanno richiuso dentro. Incontenibile, ha traslocato negli occhi. Un battito di ciglia, l'abbassarsi languido della palpebra e ho capito che mi avevi scoperto.

Come in una partita a scacchi senza regole, la prossima mossa tocca ancora a me.

mercoledì 15 ottobre 2008

Sudore e lacrime

Sei di una bellezza androgina.

Indubbiamente maschio, hai però i tratti delicati, la pelle liscia, l'ossatura esile di quei corpi di confine tra l'infanzia e l'adolescenza.

Sotto il ginocchio destro, nascosta tra i peli, hai una cicatrice. La osservo mentre ti muovi. Catalizza la mia attenzione. Verifico l'esistenza di una gemella dall'altro lato del ginocchio. Non riesco a trovarla. Allora guardo l'altra gamba, nessuna sorella che io riesca a vedere.
Se ne sta tutta sola e muta.
Nell'automatismo che governa il mio corpo mi immagino la sua storia.

Da piccolo correndo a perdifiato tra le piante alte di granoturco, un sasso invisibile ti ha fatto inciampare e sei caduto proprio sopra un vetro rotto. Il sangue caldo, il taglio aperto come un occhio stupefatto. Ti immagino mentre cerchi di trattenere le lacrime, come un vero ometto, e con gesto fulmineo stacchi una foglia dal mais che ti circonda e nasconde, deglutisci il calore che arriva direttamente dagli occhi e ti improvvisi una benda verde, una benda bambina che duri giusto il tempo per tornare a casa dalla mamma.

Oppure, più adulto, giocando nella squadra di calcio, ti sei lesionato un menisco. Una fitta senza preavvisi, il ginocchio che cede, il calore di un fuoco che viene da dentro la gamba stessa, le mani che cercano di bloccare impotenti il dolore, lacrime incontenibili gocciolano bagnando la maglietta sudata.
Sali di diversa provenienza si mischiano sul tessuto. Se non ci fosse un'esplosione nella tua testa, ti chiederesti, come sto facendo io, se possano avere sapori diversi.

Sudore e lacrime.

Guardo la tua cicatrice e vorrei chiederti come te la sei fatta, per sentirti raccontare qualcosa di te.
E cercare di non pensare a che sapore hai.

lunedì 29 settembre 2008

Prospettiva

Stamattina sei arrivato inaspettatamente. Guardi con gli occhi socchiusi, le palpebre un po' gonfie, i capelli arruffati da un lato. Come se ti fossi appena svegliato, il cuscino ancora lì, a portata di mano.
Stamattina sei morbido.
Osservavo le tue braccia. La parte più alta. E' assolutamente senza peli, la pelle color miele, liscia e setosa si tende sopra i muscoli. Muscoli lunghi e affusolati.
Sulle spalle, quando ti muovi, ogni tanto fanno capolino un gruppetto di ossa appuntite. Formano quasi un triangolo.
Una vena gonfia scorre lungo il braccio fino alla mano. Ponendoci sopra le dita potrei sentire il battito del cuore, e risalendo in su, verso la pelle liscia come di femmina, andrei a toccare la piramide di ossicini sporgenti e poi il collo, proprio dietro, nella zona di confine tra la pelle tesa e l'inizio dei capelli. Lì farei scorrere le dita per sentire il fruscio che fanno i capelli quando sono appena tagliati o quando, morbidi, finiscono in un'onda che non ci sarà mai.
Seguendo la curva delle orecchie, come si segue la forma di una conchiglia, arriverei alla linea della mascella, spigolosa e dritta, l'ossatura sottostante di una statua della grecia classica.
Scenderei verso la gola liscia, con i tendini in tensione sotto la pelle, per poi proseguire e toccare con mani indagatrici la sporgenza delle saliere.

In questo gioco crudele studio geografie di un corpo che non mi appartiene.

domenica 28 settembre 2008

Occhi azzurri, occhi ambra

Giovedì 10 Luglio
Una farfalla gialla ha svolazzato sopra il pelo dell'acqua. Seguendola con lo sguardo mi sono accorta di occhi azzurri che mi osservavano.
Ho continuato a danzare.
La pelle abbronzata, i muscoli guizzanti nelle gocce che mandano riflessi multicolori, le mie braccia sollevano piccole onde in sequenza, le mani sfiorano la superficie dell'acqua producendo carezze liquide.
Come ali di una farfalla d'acqua dolce, sento che se le muovessi con più intensità riuscirei a sorvolare l'acqua. Che con un colpo di reni mi staccherei da questo elemento, sollevando una striscia di bollicine, potrei inarcarmi e compiere in volo un giro su me stessa.
Immersa nella trance agonistica mi sono accorta di occhi color ambra, la testa sorretta dalla mano, che mi seguivano attenti.
Immersa nel liquido elemento, mi sono sentita prosciugare. Mi sono disunita dentro.
Fuori l'abitudine al controllo ha prodotto movimenti statici. Una sequenza di fotogrammi senza l'illusione del movimento.
Ho finto di non vederti.
Come il gatto nascosto dietro la tenda con la coda che spunta, ho pensato che se io non ti avevo visto, neanche tu potevi vedermi.
Sei stato migliore di me, come sempre, hai salutato da lontano sbracciandoti per rendere impossibile il continuare nella mia finzione.
Se fossi stata normale mi sarei avvicinata. Invece ho ricambiato il saluto con mano incerta e sono scappata nonostante i passi lunghi e posati.
Con gli occhi di dietro ho visto che ti afflosciavi in un gesto di rinuncia, scuotendo la testa.

Se fossi stata una vera farfalla avrei percorso lo spazio che ci divideva con volo svagato, mi sarei avvicinata alle tue ciglia e con il fruscio delle ali le avrei baciate.

giovedì 11 settembre 2008

57 Carezze

Le ho contate. Da quattro anni ad oggi.
Alcune sono state timidi accompagnamenti del mio movimento.
Altre un leggero sfiorare, come per toccare il calore emesso dalla mia pelle.
Ci sono state volte dove per tempi mal calcolati io stavo già andando via e tu hai arpeggiato solo l'aria rimasta.
Tre volte, come Giove, hai posto la tua mano aperta su di me. E' una cosa che fai spesso, ti ho osservato. E' una tua forma di saluto.
Una volta mi sono spostata per fare passare qualcuno che tu non potevi vedere arrivare. L'hai vissuto come un sottrarsi al tuo tocco.
Per un po' infatti, il nulla.
Sono stata punita per il mio essere una aliena sentimentalmente inetta. Non riconosco i segnali, e quando li riconosco non so cosa farne.
Poi hai ricominciato.
Saggiandomi muscolarmente come per sentire di che cosa sono fatta.
Certe volte hai appoggiato la tua mano sulla mia spalla nuda, più a lungo del solito.
Una volta, forse non te ne sei neanche reso conto, i peli delle tue braccia hanno sfiorato il mio braccio, hanno assorbito l'acqua sulla mia pelle, e tutto il liquido cefalorachidiano.
Lasciandomi lì, incapace di connettere, con il cervello asciutto.
Due volte mi hai toccato il braccio con intenzione. Mi avevi visto parlare concitata con un altro. Forse hai pensato che era il giorno giusto per scambiare quattro chiacchiere.
Due volte mi hai fatto girare picchiettandomi leggermente sulla scapola, per richiamare la mia attenzione, non rendendoti conto che così facendo non era rimasta più elettricità necessaria in me a prestare ascolto. Tutta convogliata nelle scapole.
Ci sono state volte dove sei riuscito a riafferrarmi nella mia corsa a capofitto verso il nulla. Mi hai preso il braccio e mi hai tirato verso di te, delicatamente ma fermamente deciso a non lasciarmi proseguire.

Le ho contate, e sono più di quante io ne abbia mai ricevute da una sola persona.
Carezze di sfuggevole intensità, portatrici di un messaggio per me criptato.

mercoledì 10 settembre 2008

La Fiaccola dei Desideri

Ferito dal baule della macchina, scopro che ora vivi da solo. Improvvisamente ho perso tutte le certezze. Non posso più volare da te di notte. La camicia spiegazzata dal vento, entrare dalla finestra per guardarti mentre dormi, per entrare a forza nei tuoi sogni. A niente servirebbe legarmi un sacchetto di farina bucato alla vita. Non eri tu a chiamarmi. Alla luce del giorno troverei solo un mucchietto più spesso fuori dalla finestra della casa dei tuoi genitori.

Non conosco più la strada per venire da te. Mi sono persa. Ti ho perso.

domenica 7 settembre 2008

Come colombe, come farfalle

A volte ho l'impressione che ti rivolga solo a me. Come è possibile?
Io vivo nel mondo delle parole, come è possibile che intenzionalmente tu abbia utilizzato proprio le mie?
Come colombe, come farfalle.
Io riesco ad esprimere veramente me stessa solo nella danza e nella musica. Perché quei riferimenti al danzare esprimendo una sensualità che tanto vedi solo tu?
Perché questa musica è pura, come noi?
Anche tu riesci ad esprimere te stesso attraverso la danza e la musica. Lo so. Lo vedo.
Alcune volte sei talmente immerso nel qui ed ora del ritmo, che neanche ti rendi conto di quello che stai dicendo. Parole scandite e concitate. Parole che hanno più di una lettura.
Quando realizzi, qualcosa si spegne, è impercettibile se non a me che lo vivo tutti i giorni.
Subentra il controllo.
Eppure... a volte ho l'impressione che ti rivolga a me. E che, in un modo inusuale, mi stia mostrando che ci si può lasciare andare, seguendo il flusso.
Come quando dici di fare il buffone, sdraiato per terra davanti a me. Non sei un buffone. Sei molto serio invece. Sei seriamente disposto a dimostrarmi che si deve vivere il momento. Immergendosi completamente nel qui ed ora.
A volte ho l'impressione che ti stia rivolgendo solo a me, perché hai capito che io la vita la registro e basta.

domenica 10 agosto 2008

Tra Mille

E' Domenica mattina. Sono arrivata qui nonostante la neve, nonostante il blocco del traffico. Sono arrivata qui, prima, con uno scopo. Parlarti.

Davanti alla immobilità stupefacente del liquido che ci sta di fronte scopro che volevi fare il ballerino di danza classica da piccolo, ma che i tuoi non hanno saputo vedere altro, oltre il fatto che all'epoca un bambino in una scuola di danza voleva solo dire una cosa. Non hanno guardato oltre. E non hanno visto la scintilla.
Io la scintilla l'ho vista. E l'ho riconosciuta perché era la stessa che vedevo in me.

Riconoscere nell'altro una anima speculare e gemella mi ha mandato in frantumi ogni tipo di cognizione di base, respirare, deglutire, muoversi coordinatamente nello spazio, inanellare frasi di senso compiuto.
L'acqua ha cominciato a ribollire e il tempo a disposizione è finito.
Ma ora ho capito che quell'attrazione naturale che mi ha spinto a rintracciarti tra mille è la consapevolezza che tu sei me.
Un me maschio. Un me che ha fatto delle scelte che io ho avuto paura di fare.
Un me azione.

Chissà se anche tu l'hai vista. Se hai riconosciuto la scintilla o invece hai solo visto e sentito rossori e balbettii. Ed hai pensato che fossi una stupida. Tra mille.

mercoledì 6 agosto 2008

Sulla Neve

Ore 8 e 45. Sto correndo al volante della mia auto. Ieri ha nevicato. Tanto. Ma adesso c'è il sole e le strade sono già pulite. Ai bordi non esistono più marciapiedi e aiuole, solo una abbagliante spianata di neve intatta e candida. Un paesaggio nuovo e sconosciuto, i contorni non più familiari della strada di tutti i giorni.
Ti ho riconosciuto subito. Ormai sono abituata a riconoscerti tra la gente, a colpo d'occhio, so che sei tu ancora prima di averne la certezza.
Stamattina cammini da solo sulla neve illuminata dal sole. Una figuretta vestita di blu, berretto di lana a coste, mani in tasca. Stai guardando le impronte lasciate da qualcuno prima di te, un sorriso bambino ti coinvolge la bocca, gli occhi e qualcosa dentro di te che gode dell'inaspettato intervallo dalla vita adulta.
Ho rallentato per rubarti questo istante senza che te ne accorgessi.
Lo conservo per te.
Come faccio per ogni parola detta, ogni sguardo. Frammenti di un discorso infinito, distribuiti nel mosaico del tempo.
Che hanno significato solo per me.

martedì 29 luglio 2008

Negli occhi del leone

Ci siamo salutati prima delle vacanze, sotto il sole di fine luglio. Dove vai in vacanza... Eh sì, ormai manca poco... amenità. Un abbraccio e sono stata catapultata nella savana. Visti così da vicino i tuoi occhi non sono marroni, hanno invece il colore degli occhi del leone. Un tappeto di erba secca, bagliori dorati, frammenti di specchio che gatteggiano al sole, vetri persi da qualche cacciatore in sahariana e casco coloniale. Nelle mie orecchie ritmiche tribali. Sto volando, sto volando a volo radente su stoppie aride, su terra color ocra. Nelle narici odore di caldo. Sulla lingua polvere e sale. Ho visto, ho visto che l'hai visto anche tu. Le pupille, due spilli neri, si sono allargate ed è entrato il sole. La savana è sparita, e negli occhi del leone sono rimasta solo io.

mercoledì 23 luglio 2008

Le Tre Arance

La prima volta che ti ho visto stavi mangiando delle arance. Seduto come un bambino bravo, davanti alla reception, un foglio di scottex sulle ginocchia unite, sbucciavi l'arancia, appoggiavi la buccia sulla carta e ti mettevi in bocca lo spicchio guardando in un punto lontano. Le altre due arance tenute in equilibrio precario sulle gambe, quella nella tua mano, saggiata con dita delicate, quasi femminee. Il tuo sguardo perso nel vuoto, dietro a pensieri a me sconosciuti. Avrei voluto avere occhiali speciali per vedere cosa stavi pensando.
Un giocoliere distratto che si mangia lo strumento del suo lavoro.

lunedì 21 luglio 2008

Farfalla d'Acqua Dolce


L'idea di scrivere una storia morbosa mi aveva già sfiorato tempo fa. Una storia tutta mentale, Farfalla d'Acqua Dolce non ha sbocchi nel reale, il lavorio di una mente non abituata a relazionarsi in maniera normale. E' un lavoro in progresso. Niente scadenze, solo urgenza di scrivere quando ti tocca.

Collaboratori