romanzo breve - work in progress

Istruzioni per l'uso di questo blog.

Essendo un esperimento in corso, cerco di scrivere i capitoli in ordine cronologico crescente (I II III IIII etc.) la visualizzazione di un blog, invece, mette in primo piano la data più recente. Ma, andando verso il fondo, dove c'è Introduzione e proseguendo da sotto in su, si potrebbe avere una visione della storia nel suo progredire, o meglio non progredire, e leggerla come io ho pensato di scriverla. Questo racconto è segreto, se mi conosci non parlarne con nessuno. Neanche con me. Grazie.

giovedì 11 settembre 2008

57 Carezze

Le ho contate. Da quattro anni ad oggi.
Alcune sono state timidi accompagnamenti del mio movimento.
Altre un leggero sfiorare, come per toccare il calore emesso dalla mia pelle.
Ci sono state volte dove per tempi mal calcolati io stavo già andando via e tu hai arpeggiato solo l'aria rimasta.
Tre volte, come Giove, hai posto la tua mano aperta su di me. E' una cosa che fai spesso, ti ho osservato. E' una tua forma di saluto.
Una volta mi sono spostata per fare passare qualcuno che tu non potevi vedere arrivare. L'hai vissuto come un sottrarsi al tuo tocco.
Per un po' infatti, il nulla.
Sono stata punita per il mio essere una aliena sentimentalmente inetta. Non riconosco i segnali, e quando li riconosco non so cosa farne.
Poi hai ricominciato.
Saggiandomi muscolarmente come per sentire di che cosa sono fatta.
Certe volte hai appoggiato la tua mano sulla mia spalla nuda, più a lungo del solito.
Una volta, forse non te ne sei neanche reso conto, i peli delle tue braccia hanno sfiorato il mio braccio, hanno assorbito l'acqua sulla mia pelle, e tutto il liquido cefalorachidiano.
Lasciandomi lì, incapace di connettere, con il cervello asciutto.
Due volte mi hai toccato il braccio con intenzione. Mi avevi visto parlare concitata con un altro. Forse hai pensato che era il giorno giusto per scambiare quattro chiacchiere.
Due volte mi hai fatto girare picchiettandomi leggermente sulla scapola, per richiamare la mia attenzione, non rendendoti conto che così facendo non era rimasta più elettricità necessaria in me a prestare ascolto. Tutta convogliata nelle scapole.
Ci sono state volte dove sei riuscito a riafferrarmi nella mia corsa a capofitto verso il nulla. Mi hai preso il braccio e mi hai tirato verso di te, delicatamente ma fermamente deciso a non lasciarmi proseguire.

Le ho contate, e sono più di quante io ne abbia mai ricevute da una sola persona.
Carezze di sfuggevole intensità, portatrici di un messaggio per me criptato.

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