romanzo breve - work in progress

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Essendo un esperimento in corso, cerco di scrivere i capitoli in ordine cronologico crescente (I II III IIII etc.) la visualizzazione di un blog, invece, mette in primo piano la data più recente. Ma, andando verso il fondo, dove c'è Introduzione e proseguendo da sotto in su, si potrebbe avere una visione della storia nel suo progredire, o meglio non progredire, e leggerla come io ho pensato di scriverla. Questo racconto è segreto, se mi conosci non parlarne con nessuno. Neanche con me. Grazie.

lunedì 1 giugno 2009

La Carne, I Denti

Ti ho visto arrivare, ti ho salutato, temporeggio. Ma sei immerso in una telefonata interminabile, che insinua il sospetto in me che tu stia aspettando che me ne vada.
Ho capito, mi tolgo di mezzo.
Completamente dimentica che avresti raggiunto comunque il posto dov'ero, guardo fuori dalle vetrate. Osservo con occhi distratti un pianeta di divertimento senza il sonoro.
Dentro di me sale un senso di ineluttabilità. Mi vedo destinata ad una vita muta e senza senso.
Mi sto mordendo l'interno della guancia per trattenere le lacrime. E da un po' che sei arrivato ma non voglio guardarti ed ora mi interpelli per farmi una domanda di lavoro. Giro il volto verso di te e non so cosa rispondere perché non ho capito cosa mi hai chiesto, "Emm... si, no, forse... non ricordo".
Ma anche tu non hai ascoltato, l'ho capito dal tuo sgranare lo sguardo, un'ombra leggera di panico e sorpresa mentre calcoli l'angolo discendente delle mie sopracciglia, un cenno occultato subito, vedendo i miei occhi velati, l'incavo formato dai denti che trattengono la carne da dentro. Poi, come sempre, sei stato risucchiato dalla massa.
Ogni tanto lanci un'occhiata nella mia direzione, ma io oggi non me la sento di fingere comunità.
Cominciamo il lavoro.
Sento che cerchi l'attenzione che solitamente ho per te, lo vedo.

Va bene, ancora una volta, anche con te, rinuncerò a chiedere e mi accontenterò delle briciole che cadono.

Distrattamente faccio scorrere la lingua all'interno delle guance, sento ancora i segni lasciati dai denti nella carne.
La musica e il movimento fanno il loro effetto anestetizzante su di me.
Se mi domandassi ora, in questo momento, cosa avevo, a malapena ricorderei come si parla.
Ma la sensazione è solo assopita.
Se ne sta li, come i segni dei denti, incastonata nel substrato della mia mente.
Continuando a ripetere il suo avvertimento: non stai vivendo.

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