romanzo breve - work in progress

Istruzioni per l'uso di questo blog.

Essendo un esperimento in corso, cerco di scrivere i capitoli in ordine cronologico crescente (I II III IIII etc.) la visualizzazione di un blog, invece, mette in primo piano la data più recente. Ma, andando verso il fondo, dove c'è Introduzione e proseguendo da sotto in su, si potrebbe avere una visione della storia nel suo progredire, o meglio non progredire, e leggerla come io ho pensato di scriverla. Questo racconto è segreto, se mi conosci non parlarne con nessuno. Neanche con me. Grazie.

lunedì 29 settembre 2008

Prospettiva

Stamattina sei arrivato inaspettatamente. Guardi con gli occhi socchiusi, le palpebre un po' gonfie, i capelli arruffati da un lato. Come se ti fossi appena svegliato, il cuscino ancora lì, a portata di mano.
Stamattina sei morbido.
Osservavo le tue braccia. La parte più alta. E' assolutamente senza peli, la pelle color miele, liscia e setosa si tende sopra i muscoli. Muscoli lunghi e affusolati.
Sulle spalle, quando ti muovi, ogni tanto fanno capolino un gruppetto di ossa appuntite. Formano quasi un triangolo.
Una vena gonfia scorre lungo il braccio fino alla mano. Ponendoci sopra le dita potrei sentire il battito del cuore, e risalendo in su, verso la pelle liscia come di femmina, andrei a toccare la piramide di ossicini sporgenti e poi il collo, proprio dietro, nella zona di confine tra la pelle tesa e l'inizio dei capelli. Lì farei scorrere le dita per sentire il fruscio che fanno i capelli quando sono appena tagliati o quando, morbidi, finiscono in un'onda che non ci sarà mai.
Seguendo la curva delle orecchie, come si segue la forma di una conchiglia, arriverei alla linea della mascella, spigolosa e dritta, l'ossatura sottostante di una statua della grecia classica.
Scenderei verso la gola liscia, con i tendini in tensione sotto la pelle, per poi proseguire e toccare con mani indagatrici la sporgenza delle saliere.

In questo gioco crudele studio geografie di un corpo che non mi appartiene.

domenica 28 settembre 2008

Occhi azzurri, occhi ambra

Giovedì 10 Luglio
Una farfalla gialla ha svolazzato sopra il pelo dell'acqua. Seguendola con lo sguardo mi sono accorta di occhi azzurri che mi osservavano.
Ho continuato a danzare.
La pelle abbronzata, i muscoli guizzanti nelle gocce che mandano riflessi multicolori, le mie braccia sollevano piccole onde in sequenza, le mani sfiorano la superficie dell'acqua producendo carezze liquide.
Come ali di una farfalla d'acqua dolce, sento che se le muovessi con più intensità riuscirei a sorvolare l'acqua. Che con un colpo di reni mi staccherei da questo elemento, sollevando una striscia di bollicine, potrei inarcarmi e compiere in volo un giro su me stessa.
Immersa nella trance agonistica mi sono accorta di occhi color ambra, la testa sorretta dalla mano, che mi seguivano attenti.
Immersa nel liquido elemento, mi sono sentita prosciugare. Mi sono disunita dentro.
Fuori l'abitudine al controllo ha prodotto movimenti statici. Una sequenza di fotogrammi senza l'illusione del movimento.
Ho finto di non vederti.
Come il gatto nascosto dietro la tenda con la coda che spunta, ho pensato che se io non ti avevo visto, neanche tu potevi vedermi.
Sei stato migliore di me, come sempre, hai salutato da lontano sbracciandoti per rendere impossibile il continuare nella mia finzione.
Se fossi stata normale mi sarei avvicinata. Invece ho ricambiato il saluto con mano incerta e sono scappata nonostante i passi lunghi e posati.
Con gli occhi di dietro ho visto che ti afflosciavi in un gesto di rinuncia, scuotendo la testa.

Se fossi stata una vera farfalla avrei percorso lo spazio che ci divideva con volo svagato, mi sarei avvicinata alle tue ciglia e con il fruscio delle ali le avrei baciate.

giovedì 11 settembre 2008

57 Carezze

Le ho contate. Da quattro anni ad oggi.
Alcune sono state timidi accompagnamenti del mio movimento.
Altre un leggero sfiorare, come per toccare il calore emesso dalla mia pelle.
Ci sono state volte dove per tempi mal calcolati io stavo già andando via e tu hai arpeggiato solo l'aria rimasta.
Tre volte, come Giove, hai posto la tua mano aperta su di me. E' una cosa che fai spesso, ti ho osservato. E' una tua forma di saluto.
Una volta mi sono spostata per fare passare qualcuno che tu non potevi vedere arrivare. L'hai vissuto come un sottrarsi al tuo tocco.
Per un po' infatti, il nulla.
Sono stata punita per il mio essere una aliena sentimentalmente inetta. Non riconosco i segnali, e quando li riconosco non so cosa farne.
Poi hai ricominciato.
Saggiandomi muscolarmente come per sentire di che cosa sono fatta.
Certe volte hai appoggiato la tua mano sulla mia spalla nuda, più a lungo del solito.
Una volta, forse non te ne sei neanche reso conto, i peli delle tue braccia hanno sfiorato il mio braccio, hanno assorbito l'acqua sulla mia pelle, e tutto il liquido cefalorachidiano.
Lasciandomi lì, incapace di connettere, con il cervello asciutto.
Due volte mi hai toccato il braccio con intenzione. Mi avevi visto parlare concitata con un altro. Forse hai pensato che era il giorno giusto per scambiare quattro chiacchiere.
Due volte mi hai fatto girare picchiettandomi leggermente sulla scapola, per richiamare la mia attenzione, non rendendoti conto che così facendo non era rimasta più elettricità necessaria in me a prestare ascolto. Tutta convogliata nelle scapole.
Ci sono state volte dove sei riuscito a riafferrarmi nella mia corsa a capofitto verso il nulla. Mi hai preso il braccio e mi hai tirato verso di te, delicatamente ma fermamente deciso a non lasciarmi proseguire.

Le ho contate, e sono più di quante io ne abbia mai ricevute da una sola persona.
Carezze di sfuggevole intensità, portatrici di un messaggio per me criptato.

mercoledì 10 settembre 2008

La Fiaccola dei Desideri

Ferito dal baule della macchina, scopro che ora vivi da solo. Improvvisamente ho perso tutte le certezze. Non posso più volare da te di notte. La camicia spiegazzata dal vento, entrare dalla finestra per guardarti mentre dormi, per entrare a forza nei tuoi sogni. A niente servirebbe legarmi un sacchetto di farina bucato alla vita. Non eri tu a chiamarmi. Alla luce del giorno troverei solo un mucchietto più spesso fuori dalla finestra della casa dei tuoi genitori.

Non conosco più la strada per venire da te. Mi sono persa. Ti ho perso.

domenica 7 settembre 2008

Come colombe, come farfalle

A volte ho l'impressione che ti rivolga solo a me. Come è possibile?
Io vivo nel mondo delle parole, come è possibile che intenzionalmente tu abbia utilizzato proprio le mie?
Come colombe, come farfalle.
Io riesco ad esprimere veramente me stessa solo nella danza e nella musica. Perché quei riferimenti al danzare esprimendo una sensualità che tanto vedi solo tu?
Perché questa musica è pura, come noi?
Anche tu riesci ad esprimere te stesso attraverso la danza e la musica. Lo so. Lo vedo.
Alcune volte sei talmente immerso nel qui ed ora del ritmo, che neanche ti rendi conto di quello che stai dicendo. Parole scandite e concitate. Parole che hanno più di una lettura.
Quando realizzi, qualcosa si spegne, è impercettibile se non a me che lo vivo tutti i giorni.
Subentra il controllo.
Eppure... a volte ho l'impressione che ti rivolga a me. E che, in un modo inusuale, mi stia mostrando che ci si può lasciare andare, seguendo il flusso.
Come quando dici di fare il buffone, sdraiato per terra davanti a me. Non sei un buffone. Sei molto serio invece. Sei seriamente disposto a dimostrarmi che si deve vivere il momento. Immergendosi completamente nel qui ed ora.
A volte ho l'impressione che ti stia rivolgendo solo a me, perché hai capito che io la vita la registro e basta.

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